Farmaci,  qualità del cibo e malattia

farmaci
farmaci

Il consumo di farmaci per il trattamento delle malattie presenta una correlazione  inversa con la qualità del cibo routinariamente assunto.  La malattia è una evenienza che caratterizza la vita e purtroppo spesso la conclude, rendendo necessario spesso l’utilizzo di farmaci talvolta per ottenere guarigione, molto più spesso per contenere una sintomatologia permanente. La malattia cronica è infatti dilagante e le sue caratteristiche rendono spesso necessaria una sommnistrazione permanente di farmaci. La somministrazione dei farmaci è divenuta pertanto negli ultimi cento anni l’atto medico più comune. Anche la aspettativa del malato è orientata a questo paradigma. Colui che soffre, nella sua immaginazione si aspetta un farmaco che una volta assunto rimuova permanentemente il disturbo. Quando questa fortunata evenienza non si applica, il malato deve però accettare non di ratol’assunzione quotidiana di farmaci come terapia. La quantità di farmaci becessari a soddisfare una società sempre più anziana e con tali aspettative è enorme. La produzione e promozione si avvale di conseguenza da oltre un secolo di tutte le logiche industriali. La logica industriale e l’arte del guarire possono però purtroppo talvolta tra loro confliggere.

Una vita sana, caratterizzata da attività fisica regolare,  cibo di qualità prodotto non nelle industrie ma tramite agricoltura e un ambiente pultio  determinano insieme una sostanziosa riduzione della possibilità di ammalare. La  agricoltura italiana è stata fino al secolo scorso una culminante sul pianeta terra, per il mantenimento della salute contestualmente ad un gusto raffinato. L’Italia ancora oggi appartiene ai paesi spiù longevi per la sua ricchezza agroalimentare. Non si può però non osservare una situazione caratterizzata da una progressiva riduzione della qualità del cibo , che implica no solo l’Italia,ma tutte le nazioni con enonomia evoluta. I processi di preparazione del cibo sono  stati trasferiti dalla tradizionale sede ovvero quella agricola a sedi industriali. Con tale trasferimento si è progressivamente abbandonata la preparazione  naturale del cibo per processi caratterizzati da manipolazione fisica, genetica e soprautto chimica del cibo. La qualità del cibo nella logica industriale dominante e stata sostituita dal target di contenerne il costo e aumentarne la produzione quantitativa.

Il risultato è stato certamento quello di una notevole produzione cibo a buon mercato, ma ha comportato un avanzamento impressionante del consumo di cibo di scarsa qualità, decisamente diverso da quello che era tipico del suolo italiano. Il peggioramento della qualità cibo, fenomeno peraltro che coinvolge in misura diversa  anche  altre nazioni è ottenuta attraverso l’uso delle chimica  in tutte le fasi della sua eleborazione. La legislazione nazionale e sovranazionale non ha favorito in modo sufficiente la qualità elevata che possedeva il cibo italiano.  Si inizia con lo spargimento di pesticidi nella terra e si arriva a raffinare, colorare, conservare, manipolare e confezionare il cibo tramita innumerevoli processi, tutti caratterizzati da chimica. Come per la produzione dei farmaci anche la produzione del cibo adotta innumerovoli processi di natura chimica. Si osserva pertanto almeno una sinergia tra la riduzione di qualità del cibo e il consumo di farmaci che desta non poche preoccupazioni, tenuto conto che il punto di non ritorno è da tempo superato. Attendersi un aiuto non è ragionevole, da cui la necesssità di assumere a livello personale un atteggiamento prudenziale riguardo l’offerta di cibo. I farmaci sono un elemento essenziale per la terapia delle malattie e il cibo è necessario a sostenere la vita. La logica industriale nella produzione del cibo potrebbe però non essere sempre favorevole al bene generale. Al consumatore  oggi più che mai è richiesta una notevole formazione e cultura per districarsi nell’offerta disponibile alla ricerca  della salute o nel desiderio di mantenerla.