Agopuntura e Omotossicologia:  Capitolo 5 pag. 146

L’ipopauroso non gestisce nulla anzi egli è impedito nel gestire. Il soggetto che ne è affetto ha una ridotta capacità di valutare il reale e non resiste alla minima difficoltà. La perdita delle urine che è rapida e totale nella paura equilibrata può diventare nell’ipopauroso una forma di cistite cronica o di incontinenza urinaria.
La reazione somatica non si conclude, anzi persiste priva di un risultato soddisfacente.

La condizione della ipopaura è molto diffusa soprattutto nei grandi centri urbani. Infatti una delle sue cause è l’eccessiva lontananza da comportamenti naturali e quindi sensati.
Ma è altrettanto vero che nei grandi centri urbani si sono sviluppate nuove forme di pericolo vitale per le quali gli essere umani non hanno memorie biologiche di sopravvivenza applicabili. Per esempio il rapporto con il predatore è una problematica per la quale l’uomo ha antichissime memorie disponibili nel suo inconscio. Queste memorie di comportamenti sono tanto antiche da condividerle anche con gli altri mammiferi.

La possibilità di perdere il posto di lavoro invece è una situazione a carattere minaccioso in cui l’esperienza di gestione emozionale trasmessa è molto recente, ovvero praticamente nulla sul piano biologico. Inoltre la velocità con cui i pericoli in un centro urbano si modificano, rende talvolta inutile la trasmissione di strategie di gestione del pericolo.
La strategia di uomo vissuto i primi del secolo scorso nel gestire la fame dovuta a disoccupazione non è applicabile nel secolo attuale. Pertanto l’uomo non dispone di un bagaglio di memorie e relativo Campo Emozionale idoneo alla gestione dei pericoli moderni. L’uomo non si sente dunque mai protetto e permane in uno stato di perenne allarme mai produttivo di una sua maggiore sicurezza. La sequenza di eventi emotivi idonei è bloccata in una posizione di carenza.

Un caso particolare di ipopaura è la ipocondria. In questo caso l’individuo teme sempre di avere una malattia, disturbo di cui la classe medica è sicuramente maggiormente affetta di qualsiasi altra condizione professionale.
Se esaminiamo come si regola un mammifero osserviamo che per l’animale la malattia è cosa ben più semplice che per l’uomo. L’animale o mette in atto impressionanti meccanismi riparazione o soccombe.
Nell’uomo acculturato il processo si complica proporzionalmente alla sua cultura. La gestione della salute è affidata ad altri esseri umani e quindi si pone un problema di fiducia che l’animale indubbiamente non ha. Inoltre la cultura determina consapevolezza che le malattie possano diventare croniche e quindi irrisolte, alimentando costantemente la ipopaura. L’animale supera un evento minaccioso, memorizza la sequenza che lo ha permesso e continua a vivere certamente con una maggiore esperienza di sopravvivenza, ma non con maggiore paura.